Mai e poi mai sottovalutare il passato...a tu per tu con la storia della macchina da scrivere!


È risaputo che sin da quando l’uomo, e la donna, ha preso coscienza di sè ha fatto di tutto per lasciare una traccia di sè nel mondo. La storia racconta che intorno ai diecimila anni fa, molte tribù di uomini abbandonarono il nomadismo per diventare agricoltori. E che la vera rivoluzione fondamentale sia stata opera delle donne che, lasciate in improvvisi rifugi per partorire e per prendersi cura della prole, cominciarono ad osservare i tempi della natura, il tempo passato tra la semina, la crescita della pianta e il frutto, e il ripetersi prodigioso di questi eventi  nel corso dell’anno.


L’umanità, che sino ad allora si era nutrita di radici, di semi e di frutti spontanei, e di cacciagione, imparò così a coltivare le piante e ad allevare gli animali. In questo modo divenute figure staziali, venne loro in mente la necessità di lasciare una qualche impronta di sè stessi. Si iniziò così ad incidere nella roccia o su massi, e forse per motivi sacrali ma ancora sconosciuti, dapprima segni indeterminati della propria esistenza e, più avanti nel tempo, lungo tutta la preistoria umana, figure di animali o scene di vita in comune, di caccia e di riposo, servendosi di punte e scaglie di sele (pietre al alta concentrazione di silice).

Questo fu il primissimo tentativo di creare una macchina da scrivere.

Con il tempo e la voglia di poter comunicare anche a distanza, l’uomo ha fatto notevoli passi da gigante. Una volta inventata la scrittura, gli scrivani, con piume di uccello intinte nell’inchiostro, traccciavano segni su fogli di carta.


E soltanto nel 1450 a Magonza, Germania, fu inventata la scrittura a stampa. Una delle primissime macchine da scrivere, che agli inizi veniva chiamata “macchia per scrivere”, era di produzione tedesca. Ma furono gli americani a sviluppasre il primario progetto, a creare questo potentissimo, e per i tempi, comodissimo mezzo di comunicazione.

Successivamente arrivaromo gli italiani che, con l’intuito e la genialità di Camillo e del figlio Adriano Olivetti, capirono la potenzialità della macchina e ne fecero costruire prototipi ad uso personale.


La macchina da scrivere veniva così usata da personaggi illustri come Mark Twain che, nello scrivere la sua prima lettera, ne parlava entusiasta al suo interlocutore.

Dobbiamo ricordare che il modello “Lettera 22”, di Olivetti senior e figlio, è stato ampiamente apprezzato e utilizzato sia su scala nazionale che internazionale.

A questo proposito vorrei narrare un piccolo anedotto: quando il giornalista Indro Montanelli morì, il 22 Luglio 2001 alle ore 17.30, la sua “Lettera 22”, che l’aveva accompagnato per tutta la sua vita professionale, smise di funzionare.

Negli anni ’40, quando Adriano Olivetti prese le redini dell’azienda, la fabbrica Olivetti divenne un esempio di ottima amministrazione di una fabbrica: mettere in primo piano le esigenze del dipendente, creare bellezza, valorizzare la cultura sono state le pietre miliari della famiglia Olivetti.


La dattilografia.

Merito di questa nuova professione fu Lilly Sholes, una giovane ragazza americana che, per aiutare il padre, Christopher Sholes, scriveva velocemente i di lui testi, sotto dettatura.

Di recente Pasticcio Di Rapanelli ha avuto l’occasione di varcare la soglia del “Museo della Macchina da Scrivere” nato da pochi anni a Milano. Questo luogo, che si trova in Via Menabrea 10, altro non è che una stanza delle meraviglie senza tempo. La raccolta di antiche macchine, è  gestita con vera passione da Umberto Di Donato, simpatico signore novantenne, che in compagnia della moglie e di pochi fidati amici, ha raccolto e tuttora raccoglie moltissime macchine da scrivere. A chi si avvicinerà con entusiasmo a quelle mura, Umberto racconterà la storia del famoso oggetto, oltre a declamare il suo decennale amore per tale marchingenio.

Nato a Carinola, denominata Casanova, il 5 Giugno 1935 e trasferitosi dal casertano a Milano per lavoro, ha sempre amato la macchina da scrivere tanto che, anzichè oziare, come detto da lui stesso, ha iniziato, poco dopo essere andato in pensione, la sua ricerca di questo piccolo ma importantissimo strumento di lavoro, che ha permesso a più persone di poterlo usare sia per uso privato sia per lavorarci.


La sua ricerca, inoltre, non si è fermata in Italia ma prosegue anche all’estero.

Quello che mi sento di dire, a chiusura di questo articolo battuto a mano su una tastiera, è che sicuramente questo modo di scrivere ha rivoluzionato il mondo.

Il museo, con all’interno reperti  datati e non, si può visitare:

·       Lunedì chiuso

·       Martedì dalle 15.00 alle 19.00

·       Mercoledì chiuso

·       Giovedì chiuso

·       Venerdì dalle 15.00 alle 19.00

·       Sabato dalle 15.00 alle 19.00

·       Domenica chiuso

Umberto, che è disponibile a raccontare tutta la storia, consiglia di chiamarlo al numero 3478845560 per prenotare la visita e avere tutto il museo per te!

E dimmi...qual è il tuo pensiero sulla macchina da scrivere?

Vi aspetto, forse, il mese prossimo con la prossima avventura!

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